martedì 17 luglio 2012

La Meraviglia


Lentamente la mano si calava, planava, lentamente si posava.
Lentamente il corpo si piegava, seguendo con grazia l'apertura del braccio.
Gisella si trovava, adesso, inginocchiata davanti a quella meraviglia.
Sulla bassa collina, verde di erba mattutina, sotto il gigante olmo,
enorme fungo a dominare la vetta,
Gisella nel suo abito da cortigiana, color dell'orzo, damasco al corpetto,
con i suoi capelli rossi, rosso del malto maturo,
rosso dei lunghi boccoli, rosso il viso per la freschezza dei suoi sedici anni.
Nell'ombra dell'olmo, nei venti leggeri, nei pollini sospesi,
nel vestito opprimente, Gisella, lo sguardo come ad accarezzare,
lenta la testa ad inclinare, per capire la consistenza,
per indovinare la trama e la resistenza.
La mano ormai n’accarezzava la sagoma, la testa ruotava e s’inclinava,
quasi a pennellare la meraviglia, le dita quasi a stringere,
i capelli a suonare il bavero del vestito, gli occhi, fissi prima,
ebri di bramosa voglia, poi lentamente rilassati e dolci.
Gisella desisteva, restava incantata, ormai sapeva, aveva capito.
Figlia dell'olmo secolare, i petali blu intarsiati, venati di rosso e oro,
il gambo verde mantide, le spine di rosso vermiglio
e le poche foglie di seta turchese.
Meravigliosa quella rosa era.
Troppo bella per essere colta e Gisella non voleva,
sapendo, rovinare quella sublime estasi emotiva.
Decise allora che avvrebbe accompagnato,
vegliando giorno dopo giorno l'intera vita di quella meraviglia.

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